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La bici va, ma il 2009 è un'incognita

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Secondo i dati di Ancma (associazione nazionale ciclo motociclo e accessori), nel 2007, con un totale di 1,9 milioni di bici vendute il mercato italiano della bici registra un incremento del 2,3% rispetto all'anno precedente. Peggio dovrebbe andare nel 2008, per colpa della crisi economica, e di una primavera caratterizzata da acqua a catinelle. Un calo che dovrebbe essere alla fine del 10-15 per cento. Però, tutto sommato, ci sono variabili che potrebbero "attenuare" le previsioni. Un esempio? Un'indagine realizzata in Germania rileva come il prezzo del petrolio scoraggi gli automobilisti e li stimoli a rimontare in sella. A proposito, in Europa la Germania riprende con una certa lena dopo la flessione del 2006, anche se riduce la produzione e si fa sorpassare dall'Italia che resta sempre il migliore esportatore in Europa. Molto bene il Regno Unito, dove le vendite si sono stabilizzate sui 3,3 milioni di pezzi l'anno, più o meno come la Francia. "Tutto questo avviene in un contesto che vede la voglia di bicicletta crescere sempre di più", afferma Piero Nigrelli, responsabile Ancma per il settore ciclo. I motivi sono diversi, dall'inquinamento delle città all'aumento del traffico, dalla diffusione del cicloturismo, alla costruzione di nuove piste ciclabili. Un sintomo della diffusione della cultura della bici sta, a detta di Nigrelli, nel fatto che i supermercati stanno gradualmente abbandonando la vendita di questo prodotto. Un segnale che la dice lunga sulla presa di coscienza dei consumatori sul fatto che il cosiddetto primo prezzo, tipico delle politiche commerciali dei grandi store, è spesso sinonimo di qualità modesta. Insomma, s'avanza un consumatore più sensibile ed esigente. Non è un caso che aumenti la spesa media pro-capite, 200 euro, tenuta alta comunque dallo zoccolo duro di appassionati ciclofili, quelli, tanto per intenderci, che percorrono in sella 12 mila kilometri e più, che spendono dai 2-3000 euro in su per la bici e che non mancano di cambiarla alla prima occasione. Tiene botta il settore accessori, ricambi e abbigliamento, soprattutto tra i consumatori di fascia alta (che cercano ottimi telai, abbigliamento e selle, soprattutto), i praticanti delle gran fondo, che in Italia sono circa mezzo milione, e del ciclo turismo (abbigliamento, borse, borracce, e altro ancora). La componentistica di livello medio e alto, e la bici per i bambini mantengono alti i volumi di export, che superano i 500 milioni di euro. L'import riguarda in gran parte componentistica destinata all'assemblaggio di bici di fascia medio-bassa. La concorrenza irregolare (leggasi dumping) soprattutto da parte delle aziende cinesi, penalizza non poco le nostre imprese, tanto che nel 2007 si è registrata la chiusura dolorosa di marchi storici. "Alcune vittime di un eccesso di made in Italy – spiega Nigrelli – Al contrario, tengono bene le imprese che hanno saputo delocalizzare, sfruttare i brevetti e mantenere barriere all'ingresso". In Italia, il mercato totale vale un miliardo di euro, gli addetti sono 12 mila, poi c'è l'indotto; le top 30 registrano il tre quarti del fatturato, il resto se lo dividono un centinaio di aziende. Tra i materiali, il carbonio ha un presente (e avrà un futuro) da incontrastato padrone. Una nota a margine riguarda il futuro della bici da corsa. Le vicende legate ai continui casi di doping non rischia di impattare negativamente sull'intero movimento? Per il momento, risponde Nigrelli, non ci sono avvisaglie di questo tipo. A preoccupare di più è il ventilato ritiro di alcuni sponsor importanti.

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